domenica 17 maggio 2015

"TERRORISMO E NAZIONALISMO SONO FABBRICATI PER COMBATTERCI GLI UNI CON GLI ALTRI"

Una settimana fa, nelle ore dello scontro armato di Kumanovo, tra le forze di sicurezza macedoni e presunti “terroristi kosovari” che hanno lasciato sul campo 22 morti e provocato gravi danni alle abitazioni suscitando timori e inquietudine in tutta la regione e nel resto d'Europa, hanno fatto notizia le parole un abitante di Kumanovo, raccolte per strada da Vasko Magleshov, giornalista del canale TV 24 Vesti, nelle stesse ore e a poca distanza dai combattimenti.L'uomo è un albanese di Macedonia e in modo naturale e con parole molto semplici invita a difendere la convivenza, a non farsi trascinare nella spirale delle violenze, a diffidare della propaganda dei politici locali. La gente intorno lo applaude e un altro cittadino, di etnia slavo-macedone, lo abbraccia, si dice d'accordo con lui, ripete le sue parole. Il video in poco tempo si è diffuso in rete, è stato visualizzato e condivisa da centinaia di migliaia di persone sui social network ed è diventato, come si dice, “virale”. 



Questa è la trascrizione tradotta in italiano di alcuni momenti del video che trovate sul portale Eastjournal.net che ringraziamo per averla resa disponibile insieme al video.

Vedete, io sono una persona ragionevole e so cosa sto dicendo. Non ho alcuna minima intenzione negativa nei confronti dei macedoni. Al contrario, ho molti amici e abbiamo un’ottima vita in comune. E chiedo a tutti di mantenere la calma e di proteggere la nostra gente, di rimanere calmi mentre c’è qualcuno che sta giocando sporco, che siano gli uni o che siano gli altri. Pensano che siamo ciechi? Dove porta tutto questo? Qualcuno ha dato una risposta? Qualcuno si è preso delle responsabità, etiche o morali?  Perché dobbiamo arrivare noi a questo, [per poi dire che] è stato Putin o l’America? Noi abbiamo creato il marcio a casa nostra e poi diciamo che puzza? Pensiamoci, chi ci ha portato a questo?
Le persone non sono responsabili. Turchi, albanesi, macedoni: nessuno è colpevole. Forse c’è stato un tempo in cui ci hanno mentito e siamo stati manipolati. La gente è consapevole di questo. Ma questo non può durare finché la gente crede ai loro “film”, i loro film dove ci sono persone innocenti rapite, uccise, gente che non ha niente a che vedere con le armi, e che improvvisamente diventano terroristi. Ma cosa significa “terrorista”? Ma che prima rispondano su chi ha ucciso Neshkovski. E tutto ciò che nascondono. Che rispondano sul caso Smilkovsko, sul caso Sopot, sul caso Monster.
Sentiamo cosa dicono sull’economia, sulle persone che hanno fame, su chi non mette assieme pranzo e cena. Non ho soldi in tasca, non ho futuro, non ho nulla. Eppure loro raccontano ogni giorno che creeranno posti di lavoro. Idee fittizie. Zone economiche speciali che nnessuno ha mai visto. Cos’è tutto questo? Qui nessuno vuole la guerra. Non sopporto nemmeno i rumori forti, figuriamoci gli spari. E se devo desiderare che qualcuno muoia, allora che sia io il primo a morire.
[...] Invito tutti i leader, Ali Ahmeti, Thaci [leaders dei partiti albanesi di Macedonia], anche se sono corrotti… dovrebbero essere qui con la gente. Anche l’SDSM [il principale partito di opposizione]. Anche Gruevski [il primo ministro]. Visto che è amato dalla gente… Che venga qui. Non posso amare i miei figli e allo stesso tempo avere paura di loro. Questa filosofia non regge. Dove sono le loro famiglie? Dicono che [Gruevski] abbia portato la propria famiglia a Lugano. Dove l’ha portata? Ha un figlio o un cugino qui in questa guerra? Che prendano una pistola in mano, allora! Goce Delcev e Skanderbeg [due personaggi di riferimento delle memorie nazionali, rispettivamente, macedone e albanese] almeno erano andati a combattere. Lui è là nel suo ufficio, nascosto in qualche tunnel.
[Applausi della folla. Si avvicina un altro uomo che gli dice: "Io sono macedone, bravo", e lo abbraccia. Il primo uomo si interrompe, poi riprende]
Se proprio dobbiamo parlare di terrorismo e nazionalismo, queste sono cose fabbricate per farci combattere gli uni contro gli altri. È da quarant’anni che vivo qui, e non ho sentito quaranta parole di macedoni contro albanesi, o di albanesi contro macedoni. [L'altro uomo aggiunge: "io è da cinquant'anni e non ho mai avuto problemi"].
E sono contento che lui macedone, e io albanese, abbiamo capito che ci manipolano. Ma qui ci sono ancora persone che non riescono a capirlo. E non dobbiamo permettere che questa minoranza di persone ci divida.

Penso si tratti di una testimonianza che, nella sua apparente normalità, contribuisce ad avere un diverso punto di vista sui fatti di questi giorni. Diverso rispetto a certe cronache che abbiamo sentito in questi giorni e che troppo spesso continuano a interpretare le tensioni nei Balcani come “la polveriera pronta a esplodere”. Non si va a cercare le manipolazioni che stanno dietro ad operazioni con cui si fomenta l’odio. Non si fa la fatica di comprendere quali erano davvero gli interessi che hanno fatto scoppiare le guerre jugoslave degli anni '90. E non si considera mai la gente, che è stata vittima di quegli interessi e di quelle manipolazioni. Oppure si propinano tesi “geopolitiche” che, oggi come venti anni fa, servono solo a sostenere le proprie tesi unilaterali sulle cause delle guerre jugoslave e sulle tensioni che ancora restano nell'area.

A questo proposito segnalo il gruppo diFacebook denominato “Quando un giornalista scrive "Lapolveriera dei Balcani", muore un panda”. E' una reazione – ironica ma non troppo – ad un certo giornalismo sempre innamorato di "scontri etnici", "tensioni mai sopite", "fucina di odi", "focolaio di instabilità". Un giornalismo che, come spiegano i promotori del gruppo, fa dell'inutile sensazionalismo ingigantendo problemi con cui tutta l'Europa fa i conti o li ha fatti in passato. Troppo forte la tentazione di presentare i Balcani sempre e comunque come l'eccezione d'Europa, come il teatro di violenze sempre pronte a riaccendersi, invece che come un'area che ha la sua storia, le sue particolarità, le sue risorse e, certamente, anche i suoi non semplici problemi. Un'area che andrebbe trattata con maggiore attenzione. E con maggiore rispetto.

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