martedì 20 gennaio 2015

LE GRECIA, L'EUROPA E LA DEMOCRAZIA

Ecco perché un radicale liberista si augura la vittoria di Tsipras
di Marco Cappato, Consigliere del Gruppo Radi­cale fede­ra­li­sta euro­peo al Comune di Milano, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni
Il Manifesto - 20 gennaio 2015

L'eventuale suc­cesso di Tsi­pras sarebbe (a titolo per­so­na­lis­simo) una buona noti­zia anche per me, radi­cale e libe­ri­sta, per­ché segna­le­rebbe l’esigenza di demo­cra­tiz­za­zione fede­ra­li­sta della poli­tica eco­no­mica euro­pea e rap­pre­sen­te­rebbe una spe­ranza per­sino per obiet­tivi anti­sta­ta­li­sti e libe­rali estra­nei a Tsipras.

Prima il metodo: la “gover­nance” eco­no­mica euro­pea non è “governo” per­ché è il risul­tato di una selva di trat­tati tec­ni­ca­mente com­pli­ca­tis­simi cre­sciuti attorno al fiscal com­pact e sot­tratti ad un pro­cesso democratico. Non vale obiet­tare che la respon­sa­bi­lità è comun­que di governi demo­cra­tici, per­ché il fil­tro della governance è opaco e tec­ni­ci­stico al punto da non tol­le­rare inte­ra­zione con l’opinione pub­blica. Una vit­to­ria di Tsipras impe­di­rebbe ai pro­ta­go­ni­sti della gover­nance euro­pea di ope­rare pre­scin­dendo dall’opinione pub­blica di un paese euro­peo che rac­co­glie ampi riscon­tri anche in altri paesi. I Greci pos­sono avere torto, ma l’ostilità con­tro Bru­xel­les e Ber­lino è pro­blema euro­peo prima che greco. La demo­cra­tiz­za­zione fede­ra­li­sta delle politi­che eco­no­mi­che euro­pee è obiet­tivo non più rin­via­bile, e il sem­plice fatto che Tsi­pras sia favo­rito sta obbligando l’Unione euro­pea (e la Ger­ma­nia nell’Ue) a trat­tare la que­stione più seria­mente, a par­tire dalle trattative sull’acquisto di titoli di Stato da parte della Banca cen­trale europea.

Se vince Tsi­pras, infatti, la linea Dra­ghi esce raf­for­zata nella richie­sta di riforme isti­tu­zio­nali nella dire­zione fede­ra­li­sta, per tra­sfor­mare l’acquisto di debito pub­blico da misura d’emergenza a solu­zione strut­tu­rale di governo euro­peo dei debiti sovrani; si raf­forza la pro­po­sta di Michel Rocard che la Banca cen­trale euro­pea possa pre­stare diret­ta­mente a tasso zero ai paesi in avanzo pri­ma­rio, atti­vando il ciclo vir­tuoso della diminuzione del costo del debito.

Solo così esi­ste una spe­ranza di arri­vare a ridurre gra­dual­mente debiti con­si­stenti, magari riu­scendo, parados­sal­mente, ad evi­tare ciò che Tsi­pras pro­pone: la ristrut­tu­ra­zione dei debiti nazio­nali, che potrebbe comunque essere neces­sa­ria in paesi come l’Italia, come lo è stata per la Gre­cia (ma la Ger­ma­nia è riu­scita a scaricare il costo sul fondo mone­ta­rio inter­na­zio­nale invece che sulla ban­che tede­sche) o come lo fu nel ’53 per la Ger­ma­nia, quando la comu­nità inter­na­zio­nale evitò di ripe­tere l’errore dell’umiliazione del debito che dopo la prima guerra mon­diale spianò la strada al nazismo.

Pas­sando dal metodo al merito, la spe­ranza “libe­ri­sta” in Tsi­pras è cer­ta­mente meno scon­tata, ma è fon­data. Fin­ché un paese come il nostro è sof­fo­cato dagli 80 miliardi di inte­ressi sul debito pub­blico, l’ostacolo a politi­che libe­rali è immenso per­ché l’effetto delle riforme fini­rebbe inghiot­tito dal pozzo senza fondo del debito e degli inte­ressi, come acca­duto per le riforme delle pen­sioni o per le pri­va­tiz­za­zioni. Schiac­ciati dal debito, non rimane spa­zio per ricen­trare la spesa dall’assistenzialismo al wel­fare, per disin­ve­stire da aziende par­te­ci­pate inef­fi­cienti e inve­stire nella con­ver­sione eco­lo­gica e con­tro il dis­se­sto idro­geo­lo­gico. La popo­la­rità di una rivo­lu­zione libe­rale, ancora neces­sa­ria, era forte negli anni ’90 ma, dopo il boi­cot­tag­gio anti-costituzionale dei refe­ren­dum radi­cali, è oggi inde­bo­lita sia da 20 anni di pro­messe non man­te­nute da parte di chi ha usato i ves­silli libe­rali per sven­dere pri­vi­legi mono­po­li­stici, sia dalla sen­sa­zione che ogni “sacri­fi­cio” sia vano di fronte ai vin­coli di debito e defi­cit. Non è un caso se due eco­no­mi­sti libe­ri­sti come Ale­sina e Gia­vazzi pro­pon­gono di pas­sare per lo sfon­da­mento del vin­colo del 3% del rap­porto tra defi­cit e debito pub­blico per rea­liz­zare riforme pur molto diverse o oppo­ste da quelle di Tsipras.

Cono­scendo gli epi­goni ita­liani di Tsi­pras, dove la “sua” lista è ser­vita da scia­luppa di sal­va­tag­gio per gli spez­zoni della sini­stra con­ser­va­trice ita­liota, c’è cer­ta­mente il rischio che sia usato o si lasci usare per riproporre solu­zioni sta­ta­li­ste, cor­po­ra­ti­vi­ste e di difesa di ciò che rimane dell’iniquo wel­fare dei garan­titi (che sono sem­pre di meno) con­tro gli ultimi (che sono sem­pre di più). Il rischio c’è, ma è meglio cor­rerlo, per­ché l’alternativa è la cer­tezza depres­siva e anti­de­mo­cra­tica della “gover­nance” euro­pea. Una boc­cata di ossi­geno fede­ra­li­sta euro­peo, e magari per­sino libe­rale, può essere una delle con­se­guenze della even­tuale vit­to­ria di Tsi­pras.

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