mercoledì 26 novembre 2014

SARA' IOHANNIS LA NUOVA SPERANZA PER LA ROMANIA?

Di Marina Szikora
“La nuova speranza per la Romania”, cosi' la Deutsche Welle tedesca sulle recenti elezioni in Romania, ovvero sulla vittoria dello sfidante del premier socialdemocratico, Victor Ponta. La sconfitta di Ponta e la grande sorpresa della vittoria di Klaus Iohannis e', secondo il media tedesco, una sorpresa di dimensioni storiche. Per la prima volta dalla caduta del comunismo di 25 anni fa, i rumeni hanno dimostrato una solidarieta' extra partito. I cittadini semplici e la generazione 2.0 ormai matura che si informano e non permettono di essere manipolati dai media, rileva la DW, sono riusciti a convincere i loro genitori e i loro nonni che il candidato Ponta, similmente come il premier Ponta, e' una vergogna per il loro paese. Non gli hanno aiutato nemmeno le promesse elettorali vuote, una campagna sporca come mai prima delle sue truppe fedeli, menzogne e offese, scrive la Deutsche Welle. E' stato Ponta a far diventare Iohannis presidente grazie ai suoi tentativi estremamente antidemocratici di creare un abisso tra i rumeni. Proprio il suo slogan nazionale – populista che il rumeno ortodosso sia “un buon rumeno” gli e' stato di contraccolpo, precisa la Deutsche Welle e rileva che se Ponta avesse ancora un minimo di educazione, allora dovrebbe presentare le dimissioni.

Klaus Iohannis ha dimostrato in modo impressionante che anche un politico protestante di radici tedesche puo' essere un buon rumeno e di sicuro gli e' stato di aiuto anche il suo pragmatismo. Eletto ben quattro volte consecutive a sindaco di Sibiu (in tedesco Hermannstadt), Iohannis ha dimostrato all'intero paese, e non soltanto ai cittadini della sua citta' natale in Transilvania, che sta pensando seriamente quando parla di una “Romania del lavoro ben eseguito”. Pero' Klaus Iohannis e' anche un uomo di piccoli gesti, precisa la Deutsche Welle e indica il fatto che ad una conferenza stampa, alla domanda del giornalista se conosce il testo dell'inno rumeno, ha cantato la prima strofa senza alcun errore. Con questo ha colpito in pieno, proprio tutti quei elettori che necessitavano di una ultima prova per dimostrare che sia proprio lui l'uomo a cui dare la loro fiducia. Infine, ci sono state congratulazioni con i rumeni della diaspora. Circa 400.000 elettori, tre volte di piu' rispetto al primo turno del 2 novembre, hanno votato con l'oltre 40 per cento delle preferenze a favore di Iohannis. E questo anche nonostante il fatto che un percorso normale del voto non e' stato possibile in tutti i seggi. Adesso spetta a Klaus Iohannis a dimostrare di aver meritato la fiducia dei suoi elettori e che al tempo stesso, come presidente di tutti i rumeni possa occuparsi dell'equilibrio e della riconciliazione, conclude la Deutshe Welle tedesca.

Il testo è la trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 24 novembre a Radio Radicale


L'agenzia 'Bloomberg', in un articolo di Leonid Bershidsky, scrive che la sorpresa elettorale rumena e' arrivata dall'estero. Si tratta di una vicenda importante, non soltanto per la Romania, bensi' anche per l'Ue in generale, scrive il media americano. La migrazione all'interno dell'Unione, che ha portato all'ascesa dei gruppi politici che si oppongono all'Ue in alcuni paesi ricchi, ivi incluso il Regno Unito, si e' dimostrata utile. Aiuta agli stati della periferia, come lo e' la Romania, di adottare le migliori pratiche delle vecchie e solide democrazie. Non sembrava, dopo il primo turno, che Johannis, di minoranza tedesca, possa vincere al ballottaggio, scrive il media americano e osserva che lui e' luterano e non un cristiano ortodosso, come lo e' la maggioranza dei rumeni, e ha condotto una campagna noiosa. Ma le elezioni sono state messe a repentaglio dalle critiche dei rumeni all'estero i quali avevano problemi con il voto, in concreto poi le lunghissime file ai seggi in Italia e Spagna, dove i rumeni sono i maggiori gruppi di immigrati, nonche' in Francia e in Gran Bretagna, dove la popolazione rumena e' altrettanto numerosa. Ci sono state manifestazioni di protesta in tutta la Romania perche' la gente chiedeva che agli emigrati sia concesso il loro diritto al voto. Il governo socialdemocratico di Ponta e' accusato di aver creato degli ostacoli al voto perche' la diaspora aveva appoggiato i partiti del centro destra nel passato.

'Bloomberg' precisa che circa 3 milioni di rumeni aventi il diritto di voto vivono all'estero, il che rappresenta una parte importante dei 18 milioni di elettori nel paese. Proprio questo fatto ha assicurato la vittoria a iohannis che molto probabilmente, afferma il media americano, continuera' piu' fortemente la via anti corruzione di Basescu. La corruzione e le deboli istituzioni sono la principale ragione perche' gli europei dell'Est lasciano il loro paese per trovare la felicita' altrove. Nei paesi sviluppati, vengono spesso percepiti come emigranti economici o perfino “turisti in cerca di privilegi”, un sistema esauriente dell'assistenza sociale dei loro ospiti. Ma sarebbe piu' esatto considerarli profughi senza speranza. Se i loro motivi per l'emigrazione fossero solamente economici, loro non voterebbero in un numero cosi' consistente e non avrebbero interesse per la politica del loro paese di provenienza. E il 'Bloomberg' americano rileva che il modo in cul l'emigrazione vota e' significativo. Alle elezioni presidenziali russe del 2012 il presidente Vladimir Putin ha perso rispetto al miliardario Mihail Prohorov in Francia, Canada, Australia, Repubblica Ceca, Olanda e Svizzera. In alcuni altri paesi sviluppati, la precedenza di Putin e' stata piu' stretta che in Russia. Alle elezioni presidenziali ucraine dello scorso maggio, il miliardario pro occidentale, Petro Porosenko ha ottenuto il 62,3 per cento dei voti della diaspora.

Il media americano osserva che la Spagna e l'Italia forse non sembrano sempre degli esempi chiari di pura politica e istituzioni forti, ma paragonate alla Romania – o con il maggior numero dei paesi dell'Europa dell'Est con l'emigrazione – sono delle democrazie che funzionano bene. Vivere nei paesi con delle democrazie tradizionali lunghe, spesso conduce gli emigrati alla conclusione che i loro paesi di provenienza devono sviluppare maggiori culture civili e politiche, e' la conclusione di 'Bloomberg'. Il media rileva che i paesi chiave dell'Ue devono fare il tutto possibile a fin di proteggere la liberta' di circolazione all'interno del blocco, non soltanto perche' questo porta a maggiore flessibilita' sul mercato di lavoro, diminuisce le spese e ha un effetto fiscale positivo. I migranti accoglieranno i costumi dei loro paesi di accoglienza e solleciteranno l'adozione di queste usanze anche nelle loro patrie. Pian piano, essi richiederanno cambiamenti che creano condizioni per il loro ritorno a casa: meno corruzione e migliore governamento il che portera' alla creazione di piu' posti di lavoro e maggiore beneficio. Stesso vale per gli europei dell'Est provenienti dai paesi che non sono membri dell'Ue. Agli ucraini e ai russi e' necessario l'aiuto nell'identificazione delle mancanze dei loro governi disperatamente corrotti, conclude il 'Bloomberg' statunitense.

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